mercoledì 19 giugno 2013

Wherever you go, I also go. You won't go alone.

Amore,
nove ore e un minuto fa ho urlato un sacco. Non so se sia stato un caso che il mio risveglio da un sogno orribile che era poi un ricordo abbia coinciso con l'ora della tua partenza, ma credo che alla fine le coincidenze non esistano.
Sono a letto con i calzoncini corti e la tua maglietta, mi fa male la testa e sono particolarmente pallida e priva di forze, forse perché oggi non ho mangiato nulla, non so, fatto sta che mi viene da piangere ma non lo faccio perché non so quanto ancora possa reggere la scusa del pre-ciclo.
Oggi mi hanno scritto un sacco di persone ma credo di aver risposto soltanto a tre messaggi; proprio non me la sentivo di fingere di essere viva, non in questo giorno triste in cui sono passate un sacco di ambulanze e gli operai hanno fatto confusione tutto il giorno. Hanno demolito il muro davanti al fiume, quello sotto cui cinque anni fa hai attaccato quel cartello in cui hai scritto in blu che ti mancavo.
Quattro anni fa faceva un sacco caldo, me lo ricordo bene. Ero seduta accanto a te che avevi sete e ascoltavi gli Smiths con gli occhi chiusi, mi hai chiesto di fare la brava e di andare avanti, ché tu te lo sentivi che da quel cazzo di letto non ti saresti più alzato, io ti ho detto di non dire cazzate e tu hai sorriso, hai aperto gli occhi e mi hai detto "Tu una vita decente te la meriti".
A me, adesso, sembra di no.
Fabrizio, porca puttana, che cazzo ti è venuto in mente io lo devo ancora capire. Tu quel giorno dovevi restare. Non me ne fotte una merda se qualcuno ti ha detto che era il tuo momento, avresti dovuto opporti, dire "Non sono d'accordo" e restare, senza discussioni.
Uno come te non se ne può andare, non a sedici anni, non in un giorno d'estate in cui fa caldo e tutti hanno voglia di gelato, non alle quindici e ventisette mentre tua mamma piange accanto al distributore dell'acqua e tuo padre è a casa a dar da mangiare a Loki, non se io ti am(av)o e ti avevo chiaramente detto che senza di te la vita proprio non esiste.
Che poi uno come te un cazzo, tu e basta, ché io uno come te non l'ho mai conosciuto, e credimi che di persone ne ho incontrate un botto.

Sto delirando, scusa, tutte queste righe non hanno senso.
È che mi manchi, tanto, e volevo scrivere qualcosa di sensato ma non ci riesco, ho questa voglia di piangere che mi ostruisce il cranio e mi impedisce di mettere le parole in ordine.
Mi consola il pensiero che tu mi conosci e secondo la maggior parte delle religioni mi vedi, e allora sai che non penso ad altro che a te, e che ti amo, ti penso, ti voglio e ti appartengo, e tutto il resto non conta.

Se tu fossi qui, se tu ancora fossi su questo schifo di pianeta, allora io potrei essere felice, pur non avendoti accanto, perché avrei la certezza che stai bene, e che se non sei al mio fianco la scelta è stata, in qualche modo, nostra; ma a portarti via è stato qualcosa che non ci è dato conoscere o quantomeno comprendere, e allora spiegami io come faccio a sorridere se ancora ti amo e se sono convinta che a quest'ora la mia vita sarebbe completamente diversa se solo tu ancora, concretamente, esistessi, se il tuo corpo non fosse a qualche chilometro da qui in un parallelepipedo in noce sotto metri di terra.

Non ho neppure una tua foto da guardare, e questo mi fa venire ancora di più da piangere.

Amore, scusa, nella mia prossima lettera ci saranno meno righe vuote. Tu perdonami e immagina che ogni spazio bianco sia in realtà colmo di baci e sorrisi storti.
Ti amo, ti amo, ti amo.
Pensami, e ti prego amami anche tu, anche se faccio tante cose che non approveresti, anche se i miei occhi non sono più blu, anche se ogni sera prendo delle goccine per cui ti saresti infuriato.
Ti mando un bacio e qualche pancake, tu fai cadere una stella - le chiederò di riportarti qui, almeno per un giorno.

venerdì 7 giugno 2013

And there's no remedy for memory.

Ciao amore.
È un sacco che non (ti) scrivo e mi è mancato un sacco. Avrei moltissime cose da raccontarti, ma ogni tanto, quando non mi va di verbalizzare, mi piace pensare che tu già le sai, e allora non è necessaria alcuna stupida telecronaca.
Mi sento così stanca che non hai idea. Ho perso un sacco di chili nel giro di pochi mesi, dicono che sia un bene ma io me ne convinco solo quando mi provo i vestiti, perché a me le cose piace farle perché mi vanno, e se io non mi metto a dieta non vedo perché il mio corpo debba decidere di sgonfiarsi come un palloncino - ricordi quando mi regalasti il palloncino a forma di unicorno? È volato via subito e abbiamo stabilito che quello è il modo in cui si sono, piano piano, trasferiti su un altro pianeta.
Dimagrisco e ho sempre mal di pancia, e non posso fare a meno di chiedermi se ne valga la pena. Secondo me no.
Che poi non è neanche tanto per il fatto che non sento L. da quasi cinque mesi e che nel frattempo si è fidanzato e tutte quelle menate lì, non mi interessa poi tanto, ché sai che di me non ho una buona opinione ma sono comunque fermamente convinta di essere meglio di lei sotto molti aspetti e che lui sia un idiota e che non ne sia mai valsa la pena; la cosa che mi disturba è che io tendo concentrare tutta la mia attenzione su poche persone alla volta, e succede che quando poi queste, per un motivo o per un altro, se ne vanno, io mi sento così sola che mi viene mal di pancia. È successo con te, è successo con Giò, ed ora è successo con L.
Mi manca qualcuno con cui parlare, con cui andare nei vicoletti a fumare sigarette, a cui spiegare matematica ad orari improbabili e che mi porti in posti belli in cui fare molte foto, qualcuno che mi faccia sentire bella o quantomeno giusta, che quando intraprendo una relazione con qualcuno che a loro non piace mi telefoni continuamente così che io non abbia modo di baciarlo, che mi venga a citofonare la sera alle nove per portarmi a prendere un frappè e che quando dico che non esco perché devo studiare sbuffi e venga comunque a casa mia per guardarmi mentre faccio i compiti.
Andrea dice che lui c'è, ma è lontano e deve studiare e non può far parte al cento per cento della mia quotidianità perché ha la sua vita ed io ho la mia, e per quanto possano essere entrambe discutibili abbiamo stabilito che mai dovranno mescolarsi perché è così che noi ci proteggiamo dopo la tua partenza. A volte mi viene in mente quella puntata di Una mamma per amica in cui a Richard viene il secondo infarto e sono tutti in ospedale a preoccuparsi, mentre Emily continua a disdire appuntamenti e preoccuparsi della sua futura dieta come se non gliene importasse niente, ma quando poi Lorelay glielo fa notare a lei vengono gli occhi lucidi e risponde che così hanno deciso lei e Richard, ché la prima volta non erano preparati e a lei è sembrato di morire e hanno elaborato un piano che lei doveva seguire ad ogni costo. Non ricordo la battuta precisa, ma il concetto è questo.
Da quando io e Andrea ci siamo riavvicinati - da quando ho deciso che sentire quotidianamente qualcuno che ad ogni respiro mi ricorda te era un dolore tollerabile o comunque compensato dall'affetto che nutro nei suoi confronti -, questo è sempre stato il nostro piano. Io e lui ci vediamo, ci sentiamo, ci dedichiamo canzoni, condividiamo i pancakes, ma non possiamo farci prendere troppo. È un'autodifesa. Se davvero ci permettessimo di tornare come i vecchi tempi ci faremmo solo male, ed ogni telefonata mancata sarebbe un dolore non tollerabile per noi che già abbiamo perso te e una parte di noi, non possiamo permetterci di seminare in giro altri pezzi.
Sembra stupido, lo so, probabilmente adesso starai scuotendo la testa e borbottando frasi sagge ma non abbastanza convincenti, ma questo è il nostro piano. Non importa quanto stupido possa sembrare agli altri, noi siamo noi e reagiamo come vogliamo, soprattutto adesso che alla fine, non importa quanta gente ci saluti per strada e ci chieda come stiamo o con quante persone trascorriamo il sabato sera, siamo soli.
Siamo soli perché uno come te non si rimpiazza, ha voglia di dire la gente, come diavolo si fa a pensare solo lontanamente di stringere i denti e ricominciare. A me non interessa cosa dovrei fare, io continuo a canticchiare le tue canzoni con un nodo alla gola e con la stessa intonazione di quando a cantarle eravamo in due; io continuo a suonare canzoni stupide con la tastiera perché per passare al piano ed esercitarmi a due mani aspetto che tu mi dica che sono pronta e che ho imparato bene la cosa del bemolle; io continuo a sognarti e a sentire come prima cosa, al risveglio, la tua mancanza e una specie di senso di colpa per essermi svegliata; io continuo a voltarmi per strada come se tu fossi accanto a me a lanciare sguardi eloquenti che esprimono tutto ciò che vorremmo dire riguardo quello che ci succede intorno (e che non c'è bisogno di dire perché abbiamo affinato perfettamente la comunicazione non verbale); io continuo a sentire la tua mano che mi accarezza gli zigomi quando mi viene da piangere o che mi districa i capelli quando ci annoiamo; io continuo a pensare, ogni tanto, soprattutto la sera, che se solo avessi la certezza matematica che tu sei lì ad aspettarmi non esiterei un secondo a mollare tutto e raggiungerti, in culo tutto il resto, perché una volta che trovi l'amore, l'anima gemella o comunque tu voglia chiamare quell'anima su sei milioni che ti cambia per sempre, allora non importa quanto lontano questa sia, restate legati per sempre - come l'equazione di Dirac.
Ogni tanto mando degli sms al numero di Giò. Questo probabilmente lo sai perché per mesi l'ho fatto anche con te. Non so bene perché io continui a farmi male, ma ripetere gesti meccanici mi fa sentire al sicuro. Mi manca il mio migliore amico, e non voglio ancora crederci che è andato via, per un po' voglio pensare che sia ancora a New York e che abbia semplicemente difficoltà a trovare un hotspot decente. Magari entro Natale mi convinco, non vorrei comprargli un regalo per poi lasciarlo lì a far la muffa.

Amore, amore, cristiddio, io non posso andare avanti così. Mi sento una stupida, non sopporto nessuno, mi chiudo in casa e passo intere giornate a dormire, studiare, leggere libri che non mi piacciono e a chattare con sconosciuti a cui dico di essere fidanzata per non rischiare - che poi forse rischiare un po' tanto male non mi farebbe, ma questa è un altra storia.
Torna qui e salvami, o almeno torna qui e basta. Ho bisogno di te come non mai, perché qui le perdite si stanno accumulando e io, sarà perché son del toro, proprio non riesco a farmene una ragione. Ti prego, ti prego, ho un peso sullo sterno che prima o poi mi sbriciolerà la cassa toracica. Mi faccio foto stupide a cui aggiungo effetti hipster da morire solo per il gusto di sentirmi ancora una dodicenne, perché poco importa se ero (ancora più) brutta e i miei compagni di classe mi facevano piangere e mi picchiavano per i corridoi, avevo te, ed ero felice.