giovedì 10 luglio 2014

I wish that I could wake up with amnesia.

Vorrei svegliarmi domattina e non ricordarmi di te, di noi, delle passeggiate in riva al mare sempre attenti a non calpestare le impronte altrui, dei pomeriggi passati a fumare come turchi e ad amarci come pinguini di Magellano, delle lettere d’amore scritte a rate sulle nostre braccia e delle nostre dita che si sfioravano sempre per caso, ma mai per sbaglio.
Vorrei svegliarmi domattina e non avere memoria del tuo sorriso, della tua voce che mi cantava canzoni belle e mi leggeva poesie bellissime, dei tuoi occhi che mi guardavano come fossi splendida e delle tua labbra sulle mie.
Vorrei svegliarmi domattina e non ricordare la prima volta che hai detto di amarmi, e soprattutto vorrei non ricordare l’ultima volta in cui me l’hai detto.
Vorrei aver dimenticato quel pomeriggio in cui ti ho detto che mi piaceva la tua cicatrice, e tu mi hai detto che invece le mie proprio non ti piacevano, e hai passato ore ad accarezzarle sperando che sparissero – così non è stato, ma ho sempre apprezzato lo sforzo.
Vorrei svegliarmi, domattina, e non pensare come prima cosa che è un altro giorno privo di senso in questa vita priva di senso, perché di fatto senza di te le cose perdono il loro significato, un po’ come la matematica di quinta in cui all’improvviso zero come fattore non significa necessariamente zero come prodotto.


La verità è che io ti amo e tu non esisti, e se questo non è terribilmente ingiusto non so proprio cos’altro possa esserlo.

venerdì 20 giugno 2014

"Armiamoci e partite"

Al di là di tutto, dell'esame, delle tracce brutte in prima prova, della cazzo di geometria non euclidea nella seconda, della terza che che cazzo scrivo non so una merda, della tesina che è pronta ma cosa mi è venuto in mente, volevo ringraziare il fottuto ministero dell'istruzione per aver fatto iniziare l'esame proprio il 18 giugno così da obbligarmi a studiare nella depressione più totale, ma almeno a studiare, così da non sprofondare di più nel brutto vortice di pensieri legati al fatto che sono cinque anni che sei andato via e io non so cosa fare di questa vita mutilata che è pure brutto chiamare così ma non posso farci niente.
È l'una di notte e io sono imbottita di roba per dormire, dunque non mi ricordo nemmeno in cosa consista la sintassi, ma non importa perché tu mi ami e mi perdoni.
E anch'io, amore, ti amo e ti perdono, forse, per essere andato via. Bisogna proprio che me ne vada anch'io da qualche parte, qui è uno schifo davvero, neanche le gocce riescono a rendere innocuo il tuo ricordo, e se anche lui mi attacca succede che, a confronto, Verdun è stata una briscolata.

Grazie per avermi parlato di Karl Jaspers quel giorno al parco, ripeterò le tue esatte parole all'orale, e il professore di filosofia non potrà far altro che annuire, perché lo sapevi "a mostro", come dice sempre Luca, a cui manchi tanto anche se non lo dice.

giovedì 12 giugno 2014

1821. (pubblicato una settimana dopo per colpa di internet)

Ciao amore.
Mancano circa sei giorni a questa diavolo di maturità, e chi l'avrebbe mai detto che mi sarei ridotta all'ultimo con la dannata tesina e tutto il resto - certo non io.
Vorrei tanto continuare a parafrasare le Lezioni americane di Calvino così da far sì che si adattino a ciò che voglio dire, ma più digito e più ti penso. Prima ho avuto un dubbio di letteratura - non ricordavo il cognome di un personaggio di Svevo - e mentre sfogliavo il libro mi sono imbattuta in Baudelaire, che tanto ti piaceva e che è nato, amore, nel 1821, guarda caso proprio i giorni che son passati, ad oggi 13 giugno 2014, dalla tua dipartita.
Mi manchi e ti vedo ovunque, e ho come l'impressione che tutto vada male anche quando di fatto va bene, che poi non va bene un cazzo di niente, ma non importa, devo pensare all'esame, e basta, tu non ci sei ma io sì, io sì e devo essere brava, devo essere forte, non importa se tu sei stato la mia possibilità mancata e se sono imbottita di psicofarmaci e se sono tanto triste e arrabbiata e malinconica, non deve importare niente se non l'esame, e dopo l'esame la ricerca della casa a Pisa, e dopo la ricerca della casa la ricerca di un lavoro e poi la preparazione al test d'ammissione, e poi un diamine di pretesto insulso lo troverò, per forza, lo dicevi anche tu: chi si ferma è perduto.


Avrei tanto voluto che tu avessi continuato a camminare.

domenica 15 dicembre 2013

Salvami.

Ciao amore.
Sono otto giorni - li ho contati come conto tutti i giorni che mi separano dalle cose importanti, quest'abitudine non l'ho persa - che inizio a scriverti, qui e altrove, e poi mi fermo, come sommersa dalle parole, colta da un orribile senso di annegamento, e allora mi fermo, e non ti scrivo, e un po' mi viene da piangere, ma non lo faccio.
Sostanzialmente continuo a chiamarti 'amore' nonostante io non ne abbia più alcun tipo di diritto, e ci pensavo ieri a quante persone io abbia mancato di rispetto in questi anni continuando a riservarti questo appellativo come se loro non ne fossero degni, mentre invece qualcuno di loro probabilmente lo era, ma non importa, o almeno, non importa adesso.
Adesso ciò che conta è che son qui che studio filosofia - sì, di sabato sera, all'una e trentotto, non guardarmi male, è che ho deciso di rendere produttiva l'insonnia, e non ho persone da vedere, e non ho libri da leggere, e ieri stavo troppo male per studiare, e mercoledì sono interrogata di filosofia e insomma, okay che Marx lo conosco anche da me ma non posso proprio non far niente, diciamocelo.
Dicevo.
Ciò che conta è che son qui che studio filosofia e penso al fatto che non sono più poi così sicura del fatto che se tu fossi qui sarebbe stato tutto diverso, perché io non posso assolutamente giurare sul fatto che se tu non fossi morto - l'ho detto, visto? - a quest'ora noi saremmo stati ancora insieme, come coppia o come amici, perché non si sa mai cosa fanno le persone, e magari tu un giorno avresti anche potuto decidere che non mi volevi più vedere come d'altro canto prima o poi fanno tutti, e allora io sarei comunque stata sola come lo sono adesso, ché ha voglia di dire la gente, io sono sola, sola, e non importa se poi due persone si preoccupano per me e mi vogliono bene e tutte quelle cose lì, perché se anche sfondassero la porta di casa e mi reggessero la testa mentre vomito concretamente tutto quello che mi lascio marcire nello stomaco non cambierebbe il fatto che io sola mi ci sento, e loro non possono farci assolutamente niente.
Se anche tu non fossi morto, io non posso assicurarti che non mi sarei comunque innamorata, prima o poi, di qualcun altro, e che non avrei dunque mandato tutto a puttane come d'altronde faccio sempre, non posso giurarti che non mi sarei comunque fatta sommergere da tutte queste cose al punto di lasciarti qui da solo con la nostra mediocre vita del cazzo iniziando a camminare direzione nord-ovest fino a trovare il canale della Manica, non ti posso giurare che non avrei iniziato a camminare in direzione sud-est fino a trovare il mare per poi immergermi e non tornare su mai più, perché non sono certa che la tua presenza sarebbe stata sufficiente a compensare tutto quello che provo adesso, e che mi fa venire voglia di prendere i miei fottuti appunti di filosofia e buttarmi con loro nel fuoco, e lì bruciare, e finire in cenere per poi non risorgere più, perché le fenici sono nei libri, e con loro quei cazzo di fini lieti, e con loro la felicità. Io la vorrei conoscere una persona felice, e avere per una volta il coraggio di fare domande, e dunque chiederle ma come cazzo fai, e poi andare via.
Ciò che adesso sul serio conta è che se sono arrivata a pensare che neanche tu saresti bastato, vuol dire che allora sono andata oltre tutto il male di vivere che mi ha afflitto negli ultimi anni, e che non ho più il mio prozac, e che l'idea di te non mi fa più stare bene; e se i messaggi dolci di ragazzi con uno spiccato senso della dissolvenza  non mi fanno più stare bene, e se gli abbracci degli amici mi lasciano impassibile, e se non me ne frega più di niente, e se voglio andare via, e se neanche il caffè mi piace più, e se continuo a vomitare e non ho più voglia di mangiare neanche la pizza, allora vuol dire che forse sono al punto di non ritorno - non ne sono certa - e allora ho passato la soglia e chissà se poi tornerò più.
Ho letto oggi che per morire non è necessario mettere fine alla propria vita, e sto temendo, adesso che sono quasi le due di notte, che se anche la mia più piccola e lontana illusione di felicità è andata via, allora significa che è cessato il battito, e io non sono più viva ma soltanto vegeta, e spiegami qui cosa ci sto a fare.

Amore, amore, amore, scusami, non so perché dico queste cose, forse perché stanotte ho sognato che eri qui e mi dicevi un sacco di cose brutte, e allora un po' al risveglio ti ho odiato, ma non ti odio più, te lo giuro, è che di fatto tu qui non ci sei, e io non so più niente e scrivo quello che sento, e di fatto mi sento uno schifo, ma tu non ti preoccupare, sarà il raffreddore, stai tranquillo.
Un amico mi ha detto che sono molto paratattica, leggendo una piccola cosa che mi sono appuntata sul quaderno, e poco dopo la professoressa di latino ha spiegato che gli autori paratattici vivono periodi storici o personali di profonda crisi e non hanno pertanto alcuna fiducia nel mondo o nella possibilità di cambiarlo. Ho pensato che forse quell'amico è la persona che meglio ha colto ciò che sono, anche se di fatto non sa niente di me, perché da quando tu e Giò ve ne siete andati non ho più detto niente a nessuno, la mia alessitimia si è accentuata in modo quasi spaventoso, e ora mentre ti scrivo piango, e forse è un bene, non lo so, so solo che col naso chiuso è piuttosto sconveniente perché di fatto non respiro.
Sarà il caso che io vada a letto.
Tu non ti angosciare, io dormirò e al risveglio forse starò un po' meglio, e se non sarà così ci proverò, te lo giuro, tu per favore cerca come puoi di farmi fare un bel sogno, converrai con me che sarebbe assai produttivo.


ti prego, torna, non so come sarebbero le cose se tu tornassi ma nel dubbio tu torna, per favore.

mercoledì 19 giugno 2013

Wherever you go, I also go. You won't go alone.

Amore,
nove ore e un minuto fa ho urlato un sacco. Non so se sia stato un caso che il mio risveglio da un sogno orribile che era poi un ricordo abbia coinciso con l'ora della tua partenza, ma credo che alla fine le coincidenze non esistano.
Sono a letto con i calzoncini corti e la tua maglietta, mi fa male la testa e sono particolarmente pallida e priva di forze, forse perché oggi non ho mangiato nulla, non so, fatto sta che mi viene da piangere ma non lo faccio perché non so quanto ancora possa reggere la scusa del pre-ciclo.
Oggi mi hanno scritto un sacco di persone ma credo di aver risposto soltanto a tre messaggi; proprio non me la sentivo di fingere di essere viva, non in questo giorno triste in cui sono passate un sacco di ambulanze e gli operai hanno fatto confusione tutto il giorno. Hanno demolito il muro davanti al fiume, quello sotto cui cinque anni fa hai attaccato quel cartello in cui hai scritto in blu che ti mancavo.
Quattro anni fa faceva un sacco caldo, me lo ricordo bene. Ero seduta accanto a te che avevi sete e ascoltavi gli Smiths con gli occhi chiusi, mi hai chiesto di fare la brava e di andare avanti, ché tu te lo sentivi che da quel cazzo di letto non ti saresti più alzato, io ti ho detto di non dire cazzate e tu hai sorriso, hai aperto gli occhi e mi hai detto "Tu una vita decente te la meriti".
A me, adesso, sembra di no.
Fabrizio, porca puttana, che cazzo ti è venuto in mente io lo devo ancora capire. Tu quel giorno dovevi restare. Non me ne fotte una merda se qualcuno ti ha detto che era il tuo momento, avresti dovuto opporti, dire "Non sono d'accordo" e restare, senza discussioni.
Uno come te non se ne può andare, non a sedici anni, non in un giorno d'estate in cui fa caldo e tutti hanno voglia di gelato, non alle quindici e ventisette mentre tua mamma piange accanto al distributore dell'acqua e tuo padre è a casa a dar da mangiare a Loki, non se io ti am(av)o e ti avevo chiaramente detto che senza di te la vita proprio non esiste.
Che poi uno come te un cazzo, tu e basta, ché io uno come te non l'ho mai conosciuto, e credimi che di persone ne ho incontrate un botto.

Sto delirando, scusa, tutte queste righe non hanno senso.
È che mi manchi, tanto, e volevo scrivere qualcosa di sensato ma non ci riesco, ho questa voglia di piangere che mi ostruisce il cranio e mi impedisce di mettere le parole in ordine.
Mi consola il pensiero che tu mi conosci e secondo la maggior parte delle religioni mi vedi, e allora sai che non penso ad altro che a te, e che ti amo, ti penso, ti voglio e ti appartengo, e tutto il resto non conta.

Se tu fossi qui, se tu ancora fossi su questo schifo di pianeta, allora io potrei essere felice, pur non avendoti accanto, perché avrei la certezza che stai bene, e che se non sei al mio fianco la scelta è stata, in qualche modo, nostra; ma a portarti via è stato qualcosa che non ci è dato conoscere o quantomeno comprendere, e allora spiegami io come faccio a sorridere se ancora ti amo e se sono convinta che a quest'ora la mia vita sarebbe completamente diversa se solo tu ancora, concretamente, esistessi, se il tuo corpo non fosse a qualche chilometro da qui in un parallelepipedo in noce sotto metri di terra.

Non ho neppure una tua foto da guardare, e questo mi fa venire ancora di più da piangere.

Amore, scusa, nella mia prossima lettera ci saranno meno righe vuote. Tu perdonami e immagina che ogni spazio bianco sia in realtà colmo di baci e sorrisi storti.
Ti amo, ti amo, ti amo.
Pensami, e ti prego amami anche tu, anche se faccio tante cose che non approveresti, anche se i miei occhi non sono più blu, anche se ogni sera prendo delle goccine per cui ti saresti infuriato.
Ti mando un bacio e qualche pancake, tu fai cadere una stella - le chiederò di riportarti qui, almeno per un giorno.

venerdì 7 giugno 2013

And there's no remedy for memory.

Ciao amore.
È un sacco che non (ti) scrivo e mi è mancato un sacco. Avrei moltissime cose da raccontarti, ma ogni tanto, quando non mi va di verbalizzare, mi piace pensare che tu già le sai, e allora non è necessaria alcuna stupida telecronaca.
Mi sento così stanca che non hai idea. Ho perso un sacco di chili nel giro di pochi mesi, dicono che sia un bene ma io me ne convinco solo quando mi provo i vestiti, perché a me le cose piace farle perché mi vanno, e se io non mi metto a dieta non vedo perché il mio corpo debba decidere di sgonfiarsi come un palloncino - ricordi quando mi regalasti il palloncino a forma di unicorno? È volato via subito e abbiamo stabilito che quello è il modo in cui si sono, piano piano, trasferiti su un altro pianeta.
Dimagrisco e ho sempre mal di pancia, e non posso fare a meno di chiedermi se ne valga la pena. Secondo me no.
Che poi non è neanche tanto per il fatto che non sento L. da quasi cinque mesi e che nel frattempo si è fidanzato e tutte quelle menate lì, non mi interessa poi tanto, ché sai che di me non ho una buona opinione ma sono comunque fermamente convinta di essere meglio di lei sotto molti aspetti e che lui sia un idiota e che non ne sia mai valsa la pena; la cosa che mi disturba è che io tendo concentrare tutta la mia attenzione su poche persone alla volta, e succede che quando poi queste, per un motivo o per un altro, se ne vanno, io mi sento così sola che mi viene mal di pancia. È successo con te, è successo con Giò, ed ora è successo con L.
Mi manca qualcuno con cui parlare, con cui andare nei vicoletti a fumare sigarette, a cui spiegare matematica ad orari improbabili e che mi porti in posti belli in cui fare molte foto, qualcuno che mi faccia sentire bella o quantomeno giusta, che quando intraprendo una relazione con qualcuno che a loro non piace mi telefoni continuamente così che io non abbia modo di baciarlo, che mi venga a citofonare la sera alle nove per portarmi a prendere un frappè e che quando dico che non esco perché devo studiare sbuffi e venga comunque a casa mia per guardarmi mentre faccio i compiti.
Andrea dice che lui c'è, ma è lontano e deve studiare e non può far parte al cento per cento della mia quotidianità perché ha la sua vita ed io ho la mia, e per quanto possano essere entrambe discutibili abbiamo stabilito che mai dovranno mescolarsi perché è così che noi ci proteggiamo dopo la tua partenza. A volte mi viene in mente quella puntata di Una mamma per amica in cui a Richard viene il secondo infarto e sono tutti in ospedale a preoccuparsi, mentre Emily continua a disdire appuntamenti e preoccuparsi della sua futura dieta come se non gliene importasse niente, ma quando poi Lorelay glielo fa notare a lei vengono gli occhi lucidi e risponde che così hanno deciso lei e Richard, ché la prima volta non erano preparati e a lei è sembrato di morire e hanno elaborato un piano che lei doveva seguire ad ogni costo. Non ricordo la battuta precisa, ma il concetto è questo.
Da quando io e Andrea ci siamo riavvicinati - da quando ho deciso che sentire quotidianamente qualcuno che ad ogni respiro mi ricorda te era un dolore tollerabile o comunque compensato dall'affetto che nutro nei suoi confronti -, questo è sempre stato il nostro piano. Io e lui ci vediamo, ci sentiamo, ci dedichiamo canzoni, condividiamo i pancakes, ma non possiamo farci prendere troppo. È un'autodifesa. Se davvero ci permettessimo di tornare come i vecchi tempi ci faremmo solo male, ed ogni telefonata mancata sarebbe un dolore non tollerabile per noi che già abbiamo perso te e una parte di noi, non possiamo permetterci di seminare in giro altri pezzi.
Sembra stupido, lo so, probabilmente adesso starai scuotendo la testa e borbottando frasi sagge ma non abbastanza convincenti, ma questo è il nostro piano. Non importa quanto stupido possa sembrare agli altri, noi siamo noi e reagiamo come vogliamo, soprattutto adesso che alla fine, non importa quanta gente ci saluti per strada e ci chieda come stiamo o con quante persone trascorriamo il sabato sera, siamo soli.
Siamo soli perché uno come te non si rimpiazza, ha voglia di dire la gente, come diavolo si fa a pensare solo lontanamente di stringere i denti e ricominciare. A me non interessa cosa dovrei fare, io continuo a canticchiare le tue canzoni con un nodo alla gola e con la stessa intonazione di quando a cantarle eravamo in due; io continuo a suonare canzoni stupide con la tastiera perché per passare al piano ed esercitarmi a due mani aspetto che tu mi dica che sono pronta e che ho imparato bene la cosa del bemolle; io continuo a sognarti e a sentire come prima cosa, al risveglio, la tua mancanza e una specie di senso di colpa per essermi svegliata; io continuo a voltarmi per strada come se tu fossi accanto a me a lanciare sguardi eloquenti che esprimono tutto ciò che vorremmo dire riguardo quello che ci succede intorno (e che non c'è bisogno di dire perché abbiamo affinato perfettamente la comunicazione non verbale); io continuo a sentire la tua mano che mi accarezza gli zigomi quando mi viene da piangere o che mi districa i capelli quando ci annoiamo; io continuo a pensare, ogni tanto, soprattutto la sera, che se solo avessi la certezza matematica che tu sei lì ad aspettarmi non esiterei un secondo a mollare tutto e raggiungerti, in culo tutto il resto, perché una volta che trovi l'amore, l'anima gemella o comunque tu voglia chiamare quell'anima su sei milioni che ti cambia per sempre, allora non importa quanto lontano questa sia, restate legati per sempre - come l'equazione di Dirac.
Ogni tanto mando degli sms al numero di Giò. Questo probabilmente lo sai perché per mesi l'ho fatto anche con te. Non so bene perché io continui a farmi male, ma ripetere gesti meccanici mi fa sentire al sicuro. Mi manca il mio migliore amico, e non voglio ancora crederci che è andato via, per un po' voglio pensare che sia ancora a New York e che abbia semplicemente difficoltà a trovare un hotspot decente. Magari entro Natale mi convinco, non vorrei comprargli un regalo per poi lasciarlo lì a far la muffa.

Amore, amore, cristiddio, io non posso andare avanti così. Mi sento una stupida, non sopporto nessuno, mi chiudo in casa e passo intere giornate a dormire, studiare, leggere libri che non mi piacciono e a chattare con sconosciuti a cui dico di essere fidanzata per non rischiare - che poi forse rischiare un po' tanto male non mi farebbe, ma questa è un altra storia.
Torna qui e salvami, o almeno torna qui e basta. Ho bisogno di te come non mai, perché qui le perdite si stanno accumulando e io, sarà perché son del toro, proprio non riesco a farmene una ragione. Ti prego, ti prego, ho un peso sullo sterno che prima o poi mi sbriciolerà la cassa toracica. Mi faccio foto stupide a cui aggiungo effetti hipster da morire solo per il gusto di sentirmi ancora una dodicenne, perché poco importa se ero (ancora più) brutta e i miei compagni di classe mi facevano piangere e mi picchiavano per i corridoi, avevo te, ed ero felice.

lunedì 1 aprile 2013

Insieme a te ci stavo meglio, e più ti penso e più ti voglio.

Ciao amore,
volevo dirti che è stato bello conoscerti, e amarti, e viverti. È stato bello anche se è finito troppo presto, e forse è anche un po' bello quanto io ancora ti appartenga, anche adesso che non ci sei più tu, non ci siamo più noi, non ci sono più io.
Chissà dove sei - se sei -, chissà se stai bene, se suoni ancora tutte quelle belle canzoni al pianoforte, se ancora mi senti, se ancora mi pensi, se ancora mi ami - c'è questo bel modo di fare domande che consiste nel mettere per ultimo ciò che più ti interessa.
Amore, ti sognerò stanotte, e in sogno ancora saremo, io e te, splendidi.