domenica 15 dicembre 2013

Salvami.

Ciao amore.
Sono otto giorni - li ho contati come conto tutti i giorni che mi separano dalle cose importanti, quest'abitudine non l'ho persa - che inizio a scriverti, qui e altrove, e poi mi fermo, come sommersa dalle parole, colta da un orribile senso di annegamento, e allora mi fermo, e non ti scrivo, e un po' mi viene da piangere, ma non lo faccio.
Sostanzialmente continuo a chiamarti 'amore' nonostante io non ne abbia più alcun tipo di diritto, e ci pensavo ieri a quante persone io abbia mancato di rispetto in questi anni continuando a riservarti questo appellativo come se loro non ne fossero degni, mentre invece qualcuno di loro probabilmente lo era, ma non importa, o almeno, non importa adesso.
Adesso ciò che conta è che son qui che studio filosofia - sì, di sabato sera, all'una e trentotto, non guardarmi male, è che ho deciso di rendere produttiva l'insonnia, e non ho persone da vedere, e non ho libri da leggere, e ieri stavo troppo male per studiare, e mercoledì sono interrogata di filosofia e insomma, okay che Marx lo conosco anche da me ma non posso proprio non far niente, diciamocelo.
Dicevo.
Ciò che conta è che son qui che studio filosofia e penso al fatto che non sono più poi così sicura del fatto che se tu fossi qui sarebbe stato tutto diverso, perché io non posso assolutamente giurare sul fatto che se tu non fossi morto - l'ho detto, visto? - a quest'ora noi saremmo stati ancora insieme, come coppia o come amici, perché non si sa mai cosa fanno le persone, e magari tu un giorno avresti anche potuto decidere che non mi volevi più vedere come d'altro canto prima o poi fanno tutti, e allora io sarei comunque stata sola come lo sono adesso, ché ha voglia di dire la gente, io sono sola, sola, e non importa se poi due persone si preoccupano per me e mi vogliono bene e tutte quelle cose lì, perché se anche sfondassero la porta di casa e mi reggessero la testa mentre vomito concretamente tutto quello che mi lascio marcire nello stomaco non cambierebbe il fatto che io sola mi ci sento, e loro non possono farci assolutamente niente.
Se anche tu non fossi morto, io non posso assicurarti che non mi sarei comunque innamorata, prima o poi, di qualcun altro, e che non avrei dunque mandato tutto a puttane come d'altronde faccio sempre, non posso giurarti che non mi sarei comunque fatta sommergere da tutte queste cose al punto di lasciarti qui da solo con la nostra mediocre vita del cazzo iniziando a camminare direzione nord-ovest fino a trovare il canale della Manica, non ti posso giurare che non avrei iniziato a camminare in direzione sud-est fino a trovare il mare per poi immergermi e non tornare su mai più, perché non sono certa che la tua presenza sarebbe stata sufficiente a compensare tutto quello che provo adesso, e che mi fa venire voglia di prendere i miei fottuti appunti di filosofia e buttarmi con loro nel fuoco, e lì bruciare, e finire in cenere per poi non risorgere più, perché le fenici sono nei libri, e con loro quei cazzo di fini lieti, e con loro la felicità. Io la vorrei conoscere una persona felice, e avere per una volta il coraggio di fare domande, e dunque chiederle ma come cazzo fai, e poi andare via.
Ciò che adesso sul serio conta è che se sono arrivata a pensare che neanche tu saresti bastato, vuol dire che allora sono andata oltre tutto il male di vivere che mi ha afflitto negli ultimi anni, e che non ho più il mio prozac, e che l'idea di te non mi fa più stare bene; e se i messaggi dolci di ragazzi con uno spiccato senso della dissolvenza  non mi fanno più stare bene, e se gli abbracci degli amici mi lasciano impassibile, e se non me ne frega più di niente, e se voglio andare via, e se neanche il caffè mi piace più, e se continuo a vomitare e non ho più voglia di mangiare neanche la pizza, allora vuol dire che forse sono al punto di non ritorno - non ne sono certa - e allora ho passato la soglia e chissà se poi tornerò più.
Ho letto oggi che per morire non è necessario mettere fine alla propria vita, e sto temendo, adesso che sono quasi le due di notte, che se anche la mia più piccola e lontana illusione di felicità è andata via, allora significa che è cessato il battito, e io non sono più viva ma soltanto vegeta, e spiegami qui cosa ci sto a fare.

Amore, amore, amore, scusami, non so perché dico queste cose, forse perché stanotte ho sognato che eri qui e mi dicevi un sacco di cose brutte, e allora un po' al risveglio ti ho odiato, ma non ti odio più, te lo giuro, è che di fatto tu qui non ci sei, e io non so più niente e scrivo quello che sento, e di fatto mi sento uno schifo, ma tu non ti preoccupare, sarà il raffreddore, stai tranquillo.
Un amico mi ha detto che sono molto paratattica, leggendo una piccola cosa che mi sono appuntata sul quaderno, e poco dopo la professoressa di latino ha spiegato che gli autori paratattici vivono periodi storici o personali di profonda crisi e non hanno pertanto alcuna fiducia nel mondo o nella possibilità di cambiarlo. Ho pensato che forse quell'amico è la persona che meglio ha colto ciò che sono, anche se di fatto non sa niente di me, perché da quando tu e Giò ve ne siete andati non ho più detto niente a nessuno, la mia alessitimia si è accentuata in modo quasi spaventoso, e ora mentre ti scrivo piango, e forse è un bene, non lo so, so solo che col naso chiuso è piuttosto sconveniente perché di fatto non respiro.
Sarà il caso che io vada a letto.
Tu non ti angosciare, io dormirò e al risveglio forse starò un po' meglio, e se non sarà così ci proverò, te lo giuro, tu per favore cerca come puoi di farmi fare un bel sogno, converrai con me che sarebbe assai produttivo.


ti prego, torna, non so come sarebbero le cose se tu tornassi ma nel dubbio tu torna, per favore.